About Studio Buccia

di Sara Zanin e Raffaele Marino

“Da buccia nasce studio Buccia”

Studio buccia è uno spazio fisico nato nel rione Trastevere, da sempre ricco di ispirazione, eterogeneità con cui convive pittoricamente. L’obbiettivo è di interagire, progettare e interpretare l’eterogeneità non solo del luogo ma anche dell’arte stessa. 

Fondato dall’artista Sara Zanin insieme al fotografo Raffaele Marino, Studio Buccia è un luogo di lavoro, uno spazio espositivo ed un salotto trasteverino, dedicato alla “banana peel concept” così come deriva dall’ispirazione artistica della Zanin. Uno spazio dove sentirsi liberi nell’istinto del pensiero umano.

Perché studio Buccia?

Ideatrice della “banana peel concept”, Sara Zanin individua nella buccia la testimonianza della presenza umana nelle strade e spoglia la banana dalla sua visione effimera associata al membro maschile per esaltare ciò che resta, un involucro che svela la parte “bestiale” dell’essere umano che arriva fino all’erotica.

Ciò che resta di una banana non è solo uno “scarto”, un rifiuto nato dalla performance consumata e subito dimenticata, la buccia è un grido di allarme, il tentativo di conservare la propria “bestialità” di essere umano, che ci rende più complessi, in grado di attivare i sensi e di percepire il mondo attraverso essi. La buccia è l’eros! La banana da sempre usata come metafora dell’organo sessuale maschile, è la mera esaltazione dell’esplicito che toglie il desiderio dell’altro e lascia il posto al comfort dell’uguale, sacrificando la ricerca della relazione e l’alterità come desiderio. Salvarci attraverso l’erotica, l’unica salva dalla tecnica, ci permetterà, ancora una volta, di immaginare senza vedere.

Sara Zanin, in occasione dell’inaugurazione del suo studio d’arte, presenta un lavoro inedito legato alla continua ricerca della “bestialità umana”. Partendo dalla lettura della contemporaneità che “vive di vita proiettata in una realtà virtuale che giorno dopo giorno supera il reale”, l’artista traccia su tela, legno e carta, la distanza che viviamo nel non luogo, nella contraddizione di vivere la vita ridotta ad una realtà virtuale capace di superare di gran lunga l’esperienza di una vita “calpestabile” e palpabile.